Prologo senza calendario
In un mondo in cui tutti hanno qualcosa da dire, io ho almeno il dubbio.
Un lusso che molti non si concedono più, presi come sono dal bisogno di sembrare certi.
A scrivere ci arrivo un po’ di traverso, come le idee alle 3 di notte: caotiche, ma più centrate di Trump nel suo universo.
(Lo so, fa rima. Ma tranquilli: nessun poeta è stato maltrattato per scriverla.)
Scrivo ogni tanto. Ma nel frattempo, raccolgo pensieri come si raccolgono scontrini nel portafoglio: per sbaglio, senza sapere se servono.
Non aspettarti qui un’agenda, un calendario editoriale, una cadenza regolare: non sono una newsletter del lunedì mattina, puntuale e ottimista. Sono più una notifica che arriva a caso, magari mentre stai cercando le chiavi di casa.
Scriverò.
Quando mi va.
Quando sarò ispirato.
Quando la realtà farà qualcosa di stupido e io sarò abbastanza sveglio da notarlo.
Niente pressione, niente algoritmo da soddisfare, nessun analitycs da celebrare.
Qui si va a sentimento — senza troppi perché, senza troppe pretese. Come quando clicchi “accetta tutti i cookie” e inizi a scrollare.
Più che articoli, qui trovi traiettorie. Pensieri che partono storti, si piegano, si contraddicono — ma qualcosa portano sempre da qualche parte. Sono disordinati, sì. Talmente tanto che Marie Kondo piangerebbe (in giapponese).
Ma tra le pieghe, se guardi bene, ogni tanto spunta un senso. O almeno una buona battuta.
Non lo faccio per mestiere, lo faccio per non diventare uno di quelli che commentano tutto sui social IN MAIUSCOLO.
E anche per vedere se almeno questa volta non mi verrà voglia di fare “seleziona tutto – elimina”.
Se poi dovesse leggerlo anche qualcun altro, oltre al me stesso del futuro e a Googlebot, ben venga.
E se non succede?
Vorrà dire che era solo un esperimento.
Spoiler: lo è sempre.
GM
P.S.
Una piccola confessione.
Questo articolo… potrei averlo scritto io.
Oppure potrei averlo scritto con l’aiuto dell’intelligenza artificiale.
In entrambi i casi, però, una cosa è certa: o so scrivere abbastanza bene… o so usare molto bene chi lo fa al posto mio.
(E in fondo, non è già questa una forma d’intelligenza?)